Era difficile la raccolta delle castagne. Bisognava mantenersi in equilibrio nel mezzo di un bosco scosceso. “La pianta” era lì e le castagne bisognava tirarle fuori dai ricci che, si sa, non sono vellutati.
Zia Gabriella, con la sua BMW nera del 1988, ci passava a prendere, mia madre e me ed iniziava l’avventura. In realtà, l’avventura iniziava già durante i preparativi. All’epoca non c’era l’abbigliamento tecnico di oggi, per le uscite all’aria aperta. Ci mettevamo indumenti usati, da strapazzo, anche quasi da buttare, perchè, si sapeva, nel bosco gli indumenti sgualciscono in un attimo e non c’era l’acquisto o la realizzazione facile di un nuovo capo. Mentre si pensava alla maglia, si cercava il pantalone (mia madre portava sempre le gonne) e le scarpe adatte all’occasione, si pregustava l’avventura. Ed era l’unica avventura che mia madre si concedeva a contatto con la natura, anche perchè “non aveva tempo” lei che riempiva le sue giornate col suo lavoro artigianale e la cura della famiglia.E così, dopo il breve tragitto in macchina, entravamo nel bosco, selvaggio, dove la natura si prendeva indisturbata il suo posto. Ed era buio, lì, pure in pieno giorno. A mia madre, quando solo il pensiero andava alle castagne, gli occhi scintillavano e forse era quella la luce che ci guidava nel buio.
Borgofortino è uno sguardo sul futuro ma è anche quello che ci portiamo dentro. Sullo sfondo c’erano sempre i Sibillini.